Motivazioni della bozza di legge
Una legge che privi i mafiosi della patria potestà può forse risolvere il problema del potere malavitoso in Italia?
Certamente no! E’ però sicuramente un passo decisivo nella direzione giusta.
La Mafia è un’organizzazione a struttura piramidale, all’interno di ogni clan esiste una struttura verticistica che a sua volta fa capo a una commissione, regionale nazionale, che è formata da una base e da un vertice. Certamente gli sforzi compiuti da magistrati e forze dell’ordine per decapitare i “vertici” sono utili e necessari . Purtroppo questi sforzi non porteranno mai all’ottenimento di vittorie determinanti sul male. Per ogni Totò Reina, Bernardo Provenzano, Francesco Schiavone preso ed incarcerato ci sono decine di pretendenti al “trono” pronti a prenderne il posto, anzi essi saranno anche grati alle istituzioni che hanno accelerato la loro scalata al potere.
Per combattere le mafie occorre segare le gambe è inutile taglia la testa.
Le gambe sono la base della piramide mafiosa, la base è formata dai “picciotti”. I picciotti sono giovani attirati nell’orbita mafiosa dal miraggio di una vita brillante o, molto più concretamente, dalla possibilità di un lavoro, sporco e infame ma che permette pur sempre di affrancarsi, sperare di costruirsi un futuro, farsi una famiglia.
Non dimentichiamo poi l’aura di “uomini d’onore e di rispetto” di cui si ammantano i mafiosi: un forte richiamo per chi non ha neanche la dignità di un lavoro ne la speranza di poterlo mai avere.
Una percentuale elevata di picciotti è formata da figli, parenti e congiunti in genere di malavitosi che così espletano il loro periodo di apprendistato prima di passare ai gradi superiori. Sottraendo i figli all’influenza malefica di genitori mafiosi si evita che dei poveri bambini siano trascinati nel baratro del male ed al tempo stesso si impedisce il ricambio generazionale (che tanta importanza ha in queste organizzazioni che per loro stessa definizione si definiscono “famiglia”).
Inoltre quei giovani che si lasciano tentare dal male e sperano di potersi “sistemare” mettendosi agli ordini dei clan vedranno sicuramente un forte deterrente in una legge che colpisce i genitori malavitosi sottraendogli i figli.
Senza dubbio se si potesse anche garantire un posto di lavoro anche ai giovani meno ambienti i risultati sarebbero veramente eclatanti.
Intanto incominciamo a minare il concetto, travisato e imbarbarito, di “famiglia”. Rendiamo palese la differenza tra famiglia e clan.
Premessa:
Tenuto conto che la camorra e la mafia in genere basa, per la gran parte, il ricambio generalizzato sulla discendenza filiale di boss ed aggregati, comunque di appartenenti all’organizzazione o di collusi fiancheggiatori, tutti riportabili alla tipologia di reati indicati di tipo “associazione mafiosa”, interrompere questa catena costituirebbe un’ottima arma per limitare la crescita e, forse, interrompere una perversa catena di rinnovamento dei quadri.
Considerato che esiste già una legge in base alla quale è possibile sottrarre i figli minori a quei genitori che hanno dato dimostrazione di mancare delle qualità, morali e materiali, per mantenere la patria podestà, si tratterebbe di far approvare una legge che allargasse, specificamente mirasse e perseguisse il lodevole obiettivo di sottrarre i minori all’influenza di un ambiente familiare fortemente inquinato dal germe della violenza e della sopraffazione.
Proposta:
Una legge che imponesse la perdita della patria potestà, in via provvisoria e poi in via definitiva quando la condanna sia passata in giudicato, di coloro che vengono accusati e rinviati a giudizio per reati di associazione mafiosa sarebbe un’arma di grande validità per interrompere il ricambio generazionale. Contemporaneamente minori a rischio sarebbero sottratti ad un ambiente familiare contaminato dal seme dell’illegalità, dove la violenza è fatto quotidiano. Ovviamente la patria potestà potrebbe passare al coniuge ma questi dovrebbe dimostrare la sua totale estraneità all’attività dell’altro coniuge, inoltre dovrebbe dare valide indicazione sul modo in cui il coniuge colpevole abbia potuto mascherare la sua attività in ambito familiare. Ovviamente tutto ciò è alquanto difficile da dimostrare e, in ogni caso, sarebbe il tribunale dei minori a decidere. Altri familiari che dovessero chiedere l’affidamento dovrebbero, oltre che essere incensurati, dimostrare la totale estraneità, anche solo conoscitiva, delle attività illegali dell’accusato. I familiari richiedenti l’affidamento dovrebbero anche accettare la rinuncia a parte della loro privacy lasciando che si effettuino su di loro controlli di vario tipo (compreso intercettazioni telefoniche). Insomma dovrebbero firmare una sorta di lettera d’intenti che li impegni alla massima trasparenza.
Il minore che dovesse essere allontanato dall’ambiente familiare e affidato ai servizi sociali andrebbe tutelato in tutti i modi possibili con procedure simili a quelle dei testimoni di giustizia sottoposti al programma di protezione testimoni.
Oltre a quanto già detto va tenuto in debito conto il deterrente costituito dalla possibilità, più che reale, di perdere definitivamente i propri figli. Ciò potrebbe indurre alcuni a ritirarsi dalle attività criminali ed altri a divenire collaboratori di giustizia (a cui sarebbe evitata la perdita della patria potestà).
Da sottolineare che tale provvedimento legislativo non sarebbe punitivo per il colpevole di reati di tipo mafioso ma sarebbe volto unicamente a tutelare l’integrità e il futuro di minori il cui futuro sarebbe, altrimenti, segnato.
Affinchè si possa presentare la proposta di legge popolare occorra che vengano raccolte molte adesioni (cinquantamila); per tale motivo invito tutti a propagare e far conoscere le finalità perseguite. Occorre l’impegno di tutti, attraverso una catena di amicizie, e poi le amicizie degli amici e così via, si dovrà diffondere a macchia d’olio il proposito di opporsi efficacemente alle organizzazioni criminali. A questa prima iniziativa ne seguiranno altre.
Se non provvediamo noi, persone perbene amanti della legalità a prendere seri provvedimenti contro le mafie, temo che non lo farà nessuno. Certamente non i politici, i motivi? Sono sotto gli occhi di tutti. Se poi qualche politico volesse sposare la causa non ha che da aggregarsi.
Per qualsiasi chiarimento sono a disposizione di tutti.
Contatti mail: orsinoluigli@libero.it
Una legge che privi i mafiosi della patria potestà può forse risolvere il problema del potere malavitoso in Italia?
Certamente no! E’ però sicuramente un passo decisivo nella direzione giusta.
La Mafia è un’organizzazione a struttura piramidale, all’interno di ogni clan esiste una struttura verticistica che a sua volta fa capo a una commissione, regionale nazionale, che è formata da una base e da un vertice. Certamente gli sforzi compiuti da magistrati e forze dell’ordine per decapitare i “vertici” sono utili e necessari . Purtroppo questi sforzi non porteranno mai all’ottenimento di vittorie determinanti sul male. Per ogni Totò Reina, Bernardo Provenzano, Francesco Schiavone preso ed incarcerato ci sono decine di pretendenti al “trono” pronti a prenderne il posto, anzi essi saranno anche grati alle istituzioni che hanno accelerato la loro scalata al potere.
Per combattere le mafie occorre segare le gambe è inutile taglia la testa.
Le gambe sono la base della piramide mafiosa, la base è formata dai “picciotti”. I picciotti sono giovani attirati nell’orbita mafiosa dal miraggio di una vita brillante o, molto più concretamente, dalla possibilità di un lavoro, sporco e infame ma che permette pur sempre di affrancarsi, sperare di costruirsi un futuro, farsi una famiglia.
Non dimentichiamo poi l’aura di “uomini d’onore e di rispetto” di cui si ammantano i mafiosi: un forte richiamo per chi non ha neanche la dignità di un lavoro ne la speranza di poterlo mai avere.
Una percentuale elevata di picciotti è formata da figli, parenti e congiunti in genere di malavitosi che così espletano il loro periodo di apprendistato prima di passare ai gradi superiori. Sottraendo i figli all’influenza malefica di genitori mafiosi si evita che dei poveri bambini siano trascinati nel baratro del male ed al tempo stesso si impedisce il ricambio generazionale (che tanta importanza ha in queste organizzazioni che per loro stessa definizione si definiscono “famiglia”).
Inoltre quei giovani che si lasciano tentare dal male e sperano di potersi “sistemare” mettendosi agli ordini dei clan vedranno sicuramente un forte deterrente in una legge che colpisce i genitori malavitosi sottraendogli i figli.
Senza dubbio se si potesse anche garantire un posto di lavoro anche ai giovani meno ambienti i risultati sarebbero veramente eclatanti.
Intanto incominciamo a minare il concetto, travisato e imbarbarito, di “famiglia”. Rendiamo palese la differenza tra famiglia e clan.
Premessa:
Tenuto conto che la camorra e la mafia in genere basa, per la gran parte, il ricambio generalizzato sulla discendenza filiale di boss ed aggregati, comunque di appartenenti all’organizzazione o di collusi fiancheggiatori, tutti riportabili alla tipologia di reati indicati di tipo “associazione mafiosa”, interrompere questa catena costituirebbe un’ottima arma per limitare la crescita e, forse, interrompere una perversa catena di rinnovamento dei quadri.
Considerato che esiste già una legge in base alla quale è possibile sottrarre i figli minori a quei genitori che hanno dato dimostrazione di mancare delle qualità, morali e materiali, per mantenere la patria podestà, si tratterebbe di far approvare una legge che allargasse, specificamente mirasse e perseguisse il lodevole obiettivo di sottrarre i minori all’influenza di un ambiente familiare fortemente inquinato dal germe della violenza e della sopraffazione.
Proposta:
Una legge che imponesse la perdita della patria potestà, in via provvisoria e poi in via definitiva quando la condanna sia passata in giudicato, di coloro che vengono accusati e rinviati a giudizio per reati di associazione mafiosa sarebbe un’arma di grande validità per interrompere il ricambio generazionale. Contemporaneamente minori a rischio sarebbero sottratti ad un ambiente familiare contaminato dal seme dell’illegalità, dove la violenza è fatto quotidiano. Ovviamente la patria potestà potrebbe passare al coniuge ma questi dovrebbe dimostrare la sua totale estraneità all’attività dell’altro coniuge, inoltre dovrebbe dare valide indicazione sul modo in cui il coniuge colpevole abbia potuto mascherare la sua attività in ambito familiare. Ovviamente tutto ciò è alquanto difficile da dimostrare e, in ogni caso, sarebbe il tribunale dei minori a decidere. Altri familiari che dovessero chiedere l’affidamento dovrebbero, oltre che essere incensurati, dimostrare la totale estraneità, anche solo conoscitiva, delle attività illegali dell’accusato. I familiari richiedenti l’affidamento dovrebbero anche accettare la rinuncia a parte della loro privacy lasciando che si effettuino su di loro controlli di vario tipo (compreso intercettazioni telefoniche). Insomma dovrebbero firmare una sorta di lettera d’intenti che li impegni alla massima trasparenza.
Il minore che dovesse essere allontanato dall’ambiente familiare e affidato ai servizi sociali andrebbe tutelato in tutti i modi possibili con procedure simili a quelle dei testimoni di giustizia sottoposti al programma di protezione testimoni.
Oltre a quanto già detto va tenuto in debito conto il deterrente costituito dalla possibilità, più che reale, di perdere definitivamente i propri figli. Ciò potrebbe indurre alcuni a ritirarsi dalle attività criminali ed altri a divenire collaboratori di giustizia (a cui sarebbe evitata la perdita della patria potestà).
Da sottolineare che tale provvedimento legislativo non sarebbe punitivo per il colpevole di reati di tipo mafioso ma sarebbe volto unicamente a tutelare l’integrità e il futuro di minori il cui futuro sarebbe, altrimenti, segnato.
Affinchè si possa presentare la proposta di legge popolare occorra che vengano raccolte molte adesioni (cinquantamila); per tale motivo invito tutti a propagare e far conoscere le finalità perseguite. Occorre l’impegno di tutti, attraverso una catena di amicizie, e poi le amicizie degli amici e così via, si dovrà diffondere a macchia d’olio il proposito di opporsi efficacemente alle organizzazioni criminali. A questa prima iniziativa ne seguiranno altre.
Se non provvediamo noi, persone perbene amanti della legalità a prendere seri provvedimenti contro le mafie, temo che non lo farà nessuno. Certamente non i politici, i motivi? Sono sotto gli occhi di tutti. Se poi qualche politico volesse sposare la causa non ha che da aggregarsi.
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