Su richiesta di alcuni lettori, ospito nel Blog un'intervento del Dott Paolo Tanga che spiegherà in modo sintetico ed esaustivo la differenza tra "Moneta a prestito e Moneta sovrana".
Se anche voi avete delle richieste di approfondimento tematico per una migliore comprensione di quello che l'economia blinda con il suo linguaggio ermetico ai più, potete scrivere al Blog utilizzando l'apposito modulo in Contatti o scrivere direttamente al Dott Paolo Tanga al suo indirizzo di posta elettronica:
La funzione primordiale e principale della moneta era quella di facilitare lo scambio di beni tra gli appartenenti ad una società che si andava specializzando nella produzione. Cioè c'erano coloro che si occupavano di agricoltura, quelli dediti all'allevamento del bestiame, gli artigiani, e così via.
Scambiare un bene deperibile con uno non deperibile, uno più raro o più grande come un vitello contro del pane era alquanto complesso. La scelta ricadeva su quella più confacente alla comunità locale.
Essendo l'unità di scambio un bene non esistevano problemi. Ma allorquando i commerci si allargarono a territori lontani l'unità di misura doveva essere necessariamente non deperibile. Da qui la scelta dell'oro e dell'argento, metalli rari e perciò preziosi. La monetazione non comportava problemi perché non escludeva la possibilità di continuare ad operare con il baratto.
L'avvento della banconota è conseguente all'appropriazione (“legalizzata” dai regnanti) dell'oro e dell'argento monetati da parte dei banchieri, i quali furono autorizzati ad emettere moneta a debito, cioè la prestavano a coloro che ne avevano necessità. Il valore della banconota risiedeva nel modo in cui la banconota era sorta1. Cioè essa aveva valore perché veniva accettata dal prenditore, il quale si fidava di ricevere dal banchiere la quantità di monete che in esse veniva dichiarata. Ci troviamo in presenza di una moneta a credito. Viene emessa perché rappresenta il credito del possessore verso la banca della moneta oro sottostante.
Se un Sovrano di uno Stato voleva ampliare la propria ricchezza cercava di espandere il suo potere sui territori limitrofi. Quando ciò avveniva con una guerra, occorrevano capitali ingenti che gli potevano essere prestati dai banchieri. Nel frattempo, la quantità di oro contenuto in una moneta veniva ridotto al fine di disporre di un numero più elevato di monete: la fiducia nel banchiere rimaneva, mentre verso il Sovrano si avanzavano riserve. Per impedire la corsa alla riconversione delle banconote si rendeva di fatto forzoso il corso legale. In pratica la moneta merce spariva venendo sottratta ai legittimi proprietari. La moneta che veniva stampata diventava una moneta a debito: la banca, a fronte della banconota non ha più alcun debito; ha incamerato l'oro e si autodichiara proprietario della moneta. Il popolo è obbligato ad accettarla per le transazioni, a meno che non si autoproclami sovrano e decida di rifiutare la banconota imposta per legge e convenga di stamparne una propria.
Con la globalizzazione dei mercati e le politiche di stabilità europee, di fatto, c'è un ulteriore passo. La BCE pretende dagli Stati la restituzione delle banconote che gli stessi Stati le hanno autorizzato ad emettere e gli Stati sono costretti ad attuare una politica di rigore, affinché il circolante possa riaffluire presso di essa. Ci viene chiesto di fare il lavoro di Sisifo.
Coloro che erano soliti viaggiare per affari trovavano utile depositare presso i “banchi” le monete facendosi rilasciare dai banchieri una “fede di deposito”. Sui mercati le “fedi di deposito” erano ben accette ed erano convertibili nella moneta locale recandosi presso uno dei “banchi” del luogo. Le operazioni di deposito e di cambio ovviamente avvenivano dietro compenso. La praticità del documento rispetto all'oro monetato faceva si che l'oro rimanesse in deposito per un tempo superiore alle necessità di transazione. Di questo i banchieri se ne approfittarono concedendo prestiti ad interesse attraverso il rilascio di “fedi di credito”. Allorquando il fenomeno raggiunse dimensioni elevate, a coloro che lasciavano l'oro monetato in deposito presso il “banco” più a lungo del normale i banchieri non facevano pagare i diritti di custodia.
Articolo di Paolo Tanga © del 29 Novembre 2014
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