Nel calderone delle lamentele del popolo italiano, oltre che il detto "piove governo ladro", da decenni vi è anche "quando il governo ha bisogno di soldi aumenta la benzina". Questa profetica rassegnazione non impedirebbe comunque a tutti noi di cercare di capire, facendo un po’ di ricerche sui meccanismi tecnici e logistici che vanno dall'estrazione alla distribuzione del carburante… Anche se quello che più sorprenderebbe il solerte ricercatore sono le misteriose ed oscure "Accise".
E' normale abbinare l'aumento della
benzina al distributore con l'aumento del prezzo del greggio al barile, ma,
quando in poco più di un anno, il costo dell'oro nero è passato da 100,00 $ a
45,00 $ e la benzina è scesa di pochi centesimi, i dubbi si sono fatti più
inquietanti.
Cercherò di fare luce nel modo più
semplice possibile sui costi che gravano sui carburanti e che inevitabilmente
si ripercuotono sul costo dell'energia elettrica, dei trasporti e dei beni di
consumo.
Il prezzo complessivo è composto da
varie voci, quali il costo del prodotto raffinato, il trasporto primario, il
costo di stoccaggio, le varie spese di ufficio e punto vendita, fino al margine
per il gestore.
Tutte queste voci che contemplano
spese e guadagni per diversi soggetti ammontano solo al 30% del costo del
carburante.
La verità di questo eccessivo
aumento deriva dalle famose Accise che pesano per il 50% (IVA compresa) sul
costo totale.
Le Accise sono tributi indiretti
sotto forma di imposta sui consumi, sono calcolate in rapporto alla quantità e
non al valore come accade per l’Iva. Riguardano principalmente carburanti, gas,
energia elettrica, alcolici e tabacchi e sono per lo più imposte di scopo, cioè
introdotte per raggiungere un certo scopo.
Non mi dilungherò su quotazioni
della benzina e gasolio nei vari anni, per questo ho preparato delle schede a
margine dell'articolo che potranno essere scaricate in formato PDF
semplicemente cliccandoci sopra.
Dovremmo pagare un litro di verde
0.76 euro al litro, ma così non è per via della pressione fiscale (le accise
benzina) che continua ad aumentare.
Prendiamo come esempio il dato della domanda media di carburante del
mese di maggio 2011, quando tra benzina e gasolio fu di 2.9 Mton (milioni di
tonnellate) e una accisa del 2004 di
0.005 € per acquisto di autobus ecologici nel 2005, e facciamo i calcoli:
Considerando che questa Accisa è
ancora presente nel paniere, dal 2005 al 2014 lo Stato Italiano ha introitato €
2 Miliardi e 694 Miliomi di Euro. La domanda sorge spontanea: dove
sono questi autobus Ecologici?
Altro esempio:Accisa di € 0,106 sul “finanziamento
della guerra del Libano del 1993”
e riferita sempre al mese campione di Maggio 2011
Considerando che questa Accisa è
ancora presente nel paniere, dal 2005 al 2014 lo Stato Italiano ha introitato €
3 Miliardi e 910 Milioni di Euro.Questa Accisa è in vigore dagli anni
’80
Verifica il prospetto del pagamento delle Accise sui carburanti del mese di Maggio 2011 cliccando sull'immagine sottostante per aprire il file PDF:
Perché è ancora presente nel paniere
quando la guerra in Libano è terminata nel 1985 con il ritiro del contingente
Italiano?
Potrei fare esempi e calcoli per
tutte le altre voci, ma sarebbe lungo e noioso leggerlo.
La domanda che nasce spontanea è “dove
sono finiti e dove finiscono attualmente questi soldi, visto che le Accise sui
carburanti sono una parte dell’enorme gettito fiscale dei contribuenti
italiani?”.
“A pensare male si fa peccato, ma molte volte ci si azzecca” Cit G.
Andreotti.le cui parole, nonostante
tutto, suonano sempre profetiche. Sappiamo dunque che le accise sul carburante
sono frutto di un metodo per far cassa con rapidità e violenza, a seconda del
fabbisogno, per quanto il termine “fabbisogno” sia improprio perché non
sappiamo di cosa stiamo parlando. Il fondo delle accise è spesso, come s’è detto,
un fondo misterioso o per lo meno sottratto alla trasparenza dell’informazione.
Questo non è – sia chiaro! – un articolo tecnico, ma uno spunto per
approfondimenti e interrogativi troppo spesso taciuti. Se ci proviamo a
immaginare cosa accade nell’ambito del rapporto tra il nostro benzinaio e il
rifornitore della compagnia petrolifera, allora rischiamo di sentire il
cosiddetto amaro in bocca. Il benzinaio, infatti, ricevendo il carico di
carburante, ne paga il valore corrispettivo sottraendo immediatamente la quota
percentuale che gli spetta nel processo di vendita. Successivamente, le
compagnie petrolifere hanno il compito di versare questa “tassa” alla stato.
Qui finiscono le certezze e cominciano i guai perché ci imbattiamo subito in
due sgradevoli scoperte. La compagnia petrolifera ha mediamente trenta giorni
di tempo per mettersi in regola col fisco; il che, a prima vista, potrebbe
essere, irrilevante. Ma non è così! La quantità di denaro che una compagnia
petrolifera riesce a mantenere nei propri forzieri per un mese, grazie a questo
sistema, non è pari a quella di un commerciante qualunque; di conseguenza,
questa liquidità diventa capitale attivo e che può essere investito in attesa
dei nuovi incassi. Tra le altre cose, se il benzinaio ha pagato interamente il
carico e se poi il benzinaio stesso se lo fa pagare legittimamente dai propri
clienti, sui quali grava il prezzo del carburante, allora evidentemente la
compagnia petrolifera non paga alcuna “tassa”. Le accise non sono mica pagate
dai colossi del petrolio, ma dai cittadini. Queste sono sicuramente riflessioni
elementari e non di politica economica e nascono dall’umiltà e dalla curiosità
di cittadini che vorrebbero saperne di più. Senza pretese. Di fatto, però, a
bene vedere, possiamo anche ipotizzare che questo capitale, che resta attivo
nelle casse delle multinazionali, sia poi oggetto di speculazione finanziaria.
Non si dimentichi che abbiamo a che fare con aziende il cui peso socioeconomico
influenza la politica degli stati, le borse e, molto spesso, anche pace nel
mondo. Tutto ciò con il nostro contributo! In conclusione, è almeno necessario
ricordare che, molto di frequente, come è già stato detto, l’introduzione
d’un’accisa non sempre è contraddistinta da un meccanismo razionale. Se è vero,
infatti, che il più delle volte, il denaro serve a finanziare qualche
imprecisata iniziativa, è altrettanto vero che, venute meno le presunte
iniziative o per causa naturale o per interruzione dei lavori, non sempre
scompare la forzatura economica e finanziaria sul carburante. Sarebbe lecito
chiedersi, a questo punto, se esista un fondo o un deposito che custodisce
questo denaro non razionalizzato o in che modo queste cifre astronomiche
vengano utilizzate. Il guaio è che, purtroppo, chiederselo non sempre è utile
ad ottenere risposte.
Articolo di Stefano Becciolini © del 26 Marzo 2015
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