venerdì 12 dicembre 2014

PAOLO TANGA, DOMANDE E RISPOSTE SULLA TEORIA ECONOMICA

 

A circa un mese da quando la mia proposta economica della “condivisione del valore dei beni” è stata resa pubblica ho ricevuto un significativo numero di richiese di chiarimenti o di precisazioni, delle quali ringrazio perché queste richieste mi permettono di affinare il discorso per renderlo sempre più comprensibile. E' anche vero che, se fosse stata approfondita la conoscenza della mia proposta, qualche dubbio avrebbe trovato risposta nell'introduzione alla stessa, pure pubblicata in questo blog: FAHRENHEIT912. Veniamo alle domande:

"Perché mi devo far garante della nuova moneta e rischiare di perdere tutto se va male"?
Rispondo facendo prima una premessa: nella mia escrizione, il riferimento alla garanzia appare necessario nel caso in cui un gruppo di persone voglia farsi promotore di una moneta complementare. Infatti, quando si vuole ottenere la partecipazione ad un circuito di moneta complementare coloro che vi aderiscono sono quelli che si aspettano da essa dei vantaggi; se le cose dovessero andar male ci rimetterebbero coloro i quali rimangono con la moneta complementare non spesa (il cosiddetto cerino acceso). Se io desidero lanciare una iniziativa e credo nella stessa devo dimostrare che in essa ci credo e, pertanto, me ne devo assumere le responsabilità, oltre che i conseguenti vantaggi economici. Invece le monete complementari non si sviluppano perché non viene indicato chi si assume il rischio, ma i gestori ne prendono i antaggi. Discorso diverso per il “simec”, la moneta di Auriti, che quando fu attaccato dalla Banca d'Italia e dalla Guardia di Finanza, per la perdita di fiducia conseguente all'attacco, nonostante il dissequestro della moneta, fu costretto ad emettere monete in argento, con valore intrinseco, o moneta merce: quando si parla male di qualcuno non c'è più nulla che lo possa ricondurre nella condizione antecedente alla calunnia se non dopo la sua morte. Nell'euro chi beneficia della sua emissione è la BCE, che crea senza costi dal nulla un bene e ne percepisce anche il rendimento. Ma se va male chi ci rimette? Coloro che lo posseggono. Quindi non solo io sono costretto ad accettare una moneta, ma me ne assumo anche tutti i rischi. Ciò è implicito, non esplicito. Ecco perché in Italia siamo costretti a subire una pressione fiscale senza precedenti.

Nella moneta della condivisione del valore dei beni non è così. I vantaggi della sua emissione sono dei suoi cittadini: non pagano più imposte, perché il rendimento della moneta viene impiegato per la prestazione dei servizi da parte dell'amministrazione statale. E per quanto concerne la garanzia, il rischio massimo che i cittadini assumono è sempre inferiore a quello che oggi hanno nei confronti dell'euro: oggi garantiamo tutto l'euro in circolazione (tant'è vero che persino le società calcistiche le stanno comprando Stati extracomunitari con l'euro che abbonda all'estero), mentre domani la nostra moneta circolerà nello Stato italiano, non essendo utilizzata nei circuiti internazionali; e allora il rischio dov'è? In pratica, ho parlato di garanzia all'emissione della moneta solo per far comprendere che la proprietà della moneta è giustificato che sia dei cittadini dello Stato in cui circola e non di organismi esteri.

“Perché non lasciamo le imposte ed aboliamo gli interessi?”
Secondo la mia visione meglio gli interessi che hanno il merito di essere quantificati in maniera trasparente attraverso un calcolo univoco (TAEG), piuttosto che balzelli di varia specie, che discriminano tra chi paga le imposte e chi riesce ad evaderle, ma a seconda del balzello adoperato si riesce a discriminare in maniera non trasparente. Peraltro, il sistema impositivo ha bisogno di un apparato costoso, talvolta i cui costi non coprono nemmeno gli introiti delle relative imposte. Poi, le imprese sono costrette esse stesse a sostenere costi per incassare le imposte per conto dello Stato.

Inoltre, tutte le persone che devono dedicarsi ad incassare i balzelli vengono distolti dalla possibilità di produrre beni e servizi capaci di accrescere il benessere della società, mentre invece il loro lavoro genera malessere, e che malessere (vedi Equitalia).

“Nella condivisione del valore dei beni è obbligatorio aderire alla nuova moneta e farsene garante?”

La “condivisione del valore dei beni” ha come obiettivo la crescita del benessere complessivo, perciò si muove nel percorso dell'adesione volontaria alle proposte; cioè non prevede obblighi di legge, ma scelte individuali: ad esempio, puoi decidere di tenere la casa così com'è e continuare a pagarci le attuali imposte oppure partecipare al progetto ottenendo quindi l'esenzione dalle stesse; puoi continuare ad essere pagato in euro, mantenere il conto in banca in euro, pagare tutto in euro, oppure cambiare nel nuovo metro monetario. Tutto ciò che è euro è assoggettato all'attuale regime, ad esempio si paga l'IVA, con il nuovo metro monetario no. Naturalmente tutto può avvenire con la gradualità necessaria a far affluire nelle casse dell'amministrazione statale gli interessi sulle somme prestate e gli utili delle attività avviate in misura adeguata alle imposte che vanno abolite.

“Se i prestiti li concede l'amministrazione dello Stato allora le banche non hanno più motivo di esistere oppure dovranno essere nazionalizzate?” 
Il modus operandi della “condivisione del valore dei beni” è quello di non togliere niente a nessuno: se si toglie qualcosa il benessere si riduce. L'amministrazione statale effettua solo prestiti di investimento, attività che a seguito degli scandali anteguerra del secolo scorso furono proibite alle banche e che “questa europa” ha voluto consentire. Quindi le banche vengono ripristinate nel ruolo tradizionale di prestatore di servizi legati al denaro e di erogazione del credito di esercizio. Inoltre potranno erogare credito per investimento alle sole società, purché la raccolta venga effettuata con lo stesso vincolo di durata, cioè per l'esercizio delle attività di investimento non sarà consentito alle stesse di creare denaro dal nulla. La stessa amministrazione statale potrà finanziare solo i progetti di investimento dei singoli cittadini.

 donazioni
Potrebbe sorgere spontaneo domandare: e per la Banca d'Italia? La Banca d'Italia ha un capitale in mano ad organismi privati di grosse dimensioni. Esercita la vigilanza sulle banche di minori dimensioni, quindi formalmente in conflitto di interessi. Mentre per il passato la vigilanza veniva esercitata su tutti gli Istituti di credito era possibile verificare a posteriori che tale conflitto non sussistesse. Oggi, invece, il suo operato potrebbe essere discriminante verso le banche vigilate senza che ciò emerga. E' una situazione in cui l'Istituto è stato confinato per la continua cessione di sovranità a cui abbiamo assistito inconsciamente sin dall'inizio degli anni '80. E non è l'unico problema sulla Banca d'Italia, pertanto se dovesse essere necessario, le si lasciano le sue attività, costituendo un'altra banca centrale.

“E' favorevole all'abolizione del contante per evitare l'evasione fiscale?”
La “condivisione del valore dei beni” ha come finalità l'abolizione delle imposte, quindi essa evita l'evasione fiscale alla radice. Non sono convinto che abolendo il contante si eviti l'evasione fiscale, ritengo piuttosto che l'abolizione del contante voglia raggiungere altri scopi che non si osa dichiarare. Di seguito rappresento uno di questi scopi. 

Alle banche viene richiesto di versare, a fronte della raccolta, una percentuale della stesso presso la banca centrale per disporre di una riserva obbligatoria e fronteggiare problemi di liquidità. Ogni banca, oltre a questo obbligo, deve disporre di contanti per rispondere alle richieste della propria clientela. Il contante serve per i dispensatori automatici e per prelievi di maggiore importo, anche se oggi quantitativamente limitati. Il contante per queste operazioni non produce reddito; in passato, quando non c'erano limitazioni all'uso del contante, i banchieri che volevano massimizzare i profitti, limitavano al massimo il contante presso gli sportelli esponendosi a rischi reputazionali: i prelievi di un certo ammontare andavano preavvisati e/o si faceva aspettare la clientela o la si rimandava al giorno successivo in modo da procurarsi il contante presso altri sportelli bancari o presso la Banca Centrale. Meno era il contante, maggiori erano i profitti. Se si abolisce del tutto il contante, avremo la possibilità di riconoscere ai banchieri di effettuare, senza rischi reputazionali, emissioni di moneta anche superiori ai valori depositati dai propri clienti, iscrivendo nel passivo conti di deposito bilanciati per lo stesso importo, tanto oggi i grossi istituti di credito non sono più soggetti ad accertamenti ispettivi diretti.

Articolo di Paolo Tanga ©  del 12 Dicembre 2014

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