venerdì 27 novembre 2015

LE TASSE MISTERIOSE, CHI O CHE COSA FINANZIANO?

Editoriale di Stefano Becciolini
 Archivio Video Novembre 2015


Nel calderone delle lamentele del popolo italiano, oltre che il detto "piove governo ladro", da decenni vi è anche "quando il governo ha bisogno di soldi aumenta la benzina". Questa profetica rassegnazione non impedirebbe comunque a tutti noi di cercare di capire, facendo un po’ di ricerche sui meccanismi tecnici e logistici che vanno dall'estrazione alla distribuzione del carburante… Anche se quello che più sorprenderebbe il solerte ricercatore sono le misteriose ed oscure "Accise". E' normale abbinare l'aumento della benzina al distributore con l'aumento del prezzo del greggio al barile, ma, quando in poco più di un anno, il costo dell'oro nero è passato da 100,00 $ a 45,00 $ e la benzina è scesa di pochi centesimi, i dubbi si sono fatti più inquietanti. Cercherò di fare luce nel modo più semplice possibile sui costi che gravano sui carburanti e che inevitabilmente si ripercuotono sul costo dell'energia elettrica, dei trasporti e dei beni di consumo. Il prezzo complessivo è composto da varie voci, quali il costo del prodotto raffinato, il trasporto primario, il costo di stoccaggio, le varie spese di ufficio e punto vendita, fino al margine per il gestore. Tutte queste voci che contemplano spese e guadagni per diversi soggetti ammontano solo al 30% del costo del carburante. La verità di questo eccessivo aumento deriva dalle famose Accise che pesano per il 50% (IVA compresa) sul costo totale. Le Accise sono tributi indiretti sotto forma di imposta sui consumi, sono calcolate in rapporto alla quantità e non al valore come accade per l’Iva. Riguardano principalmente carburanti, gas, energia elettrica, alcolici e tabacchi e sono per lo più imposte di scopo, cioè introdotte per raggiungere un certo scopo. Non mi dilungherò su quotazioni della benzina e gasolio nei vari anni, per questo ho preparato delle schede a margine dell'articolo che potranno essere scaricate in formato PDF semplicemente cliccandoci sopra. 

La prima accise fu introdotta da Mussolini nel lontano 1935, pari a 1,90 lire al litro sulla benzina per finanziare la guerra di conquista dell’Abissinia. Poi nel corso degli anni ogni Governo ha deciso di imporre “balzelli” per ogni emergenza.

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Dovremmo pagare un litro di verde 0.76 euro al litro, ma così non è per via della pressione fiscale (le accise benzina) che continua ad aumentare.  Prendiamo come esempio il dato della domanda media di carburante del mese di maggio 2011,quando tra benzina e gasolio fu di 2.9 Mton (milioni di tonnellate) e una accisa  del 2004 di 0.005 € per acquisto di autobus ecologici nel 2005, e facciamo i calcoli: 
Considerando che questa Accisa è ancora presente nel paniere, dal 2005 al 2014 lo Stato Italiano ha introitato € 2 Miliardi e 694 Miliomi di Euro. La domanda sorge spontanea: dove sono questi autobus Ecologici?

Altro esempio:Accisa di € 0,106 sul “finanziamento della guerra del Libano del 1983” e riferita sempre al mese campione di Maggio 2011. Considerando che questa Accisa è ancora presente nel paniere, dal 2005 al 2014 lo Stato Italiano ha introitato € 3 Miliardi e 910 Milioni di Euro. Questa Accisa è in vigore dagli anni ’80 Perché è ancora presente nel paniere quando la guerra in Libano è terminata nel 1985 con il ritiro del contingente Italiano?

Potrei fare esempi e calcoli per tutte le altre voci, ma sarebbe lungo e noioso leggerlo. La domanda che nasce spontanea è:  “dove sono finiti e dove finiscono attualmente questi soldi, visto che le Accise sui carburanti sono una parte dell’enorme gettito fiscale dei contribuenti italiani?”. “A pensare male si fa peccato, ma molte volte ci si azzecca” Cit. G. Andreotti. le cui parole, nonostante tutto, suonano sempre profetiche. Sappiamo dunque che le accise sul carburante sono frutto di un metodo per far cassa con rapidità e violenza, a seconda del fabbisogno, per quanto il termine “fabbisogno” sia improprio perché non sappiamo di cosa stiamo parlando. Il fondo delle accise è spesso, come s’è detto, un fondo misterioso o per lo meno sottratto alla trasparenza dell’informazione.Questo non è,  sia chiaro! Un articolo tecnico, ma uno spunto per approfondimenti e interrogativi troppo spesso taciuti. Se ci proviamo a immaginare cosa accade nell’ambito del rapporto tra il nostro benzinaio e il rifornitore della compagnia petrolifera, allora rischiamo di sentire il cosiddetto amaro in bocca.  Il benzinaio, infatti, ricevendo il carico di carburante, ne paga il valore corrispettivo sottraendo immediatamente la quota percentuale che gli spetta nel processo di vendita. Successivamente, le compagnie petrolifere hanno il compito di versare questa “tassa” alla stato. Qui finiscono le certezze e cominciano i guai perché ci imbattiamo subito in due sgradevoli scoperte. La compagnia petrolifera ha mediamente trenta giorni di tempo per mettersi in regola col fisco; il che, a prima vista, potrebbe essere, irrilevante. Ma non è così! La quantità di denaro che una compagnia petrolifera riesce a mantenere nei propri forzieri per un mese, grazie a questo sistema, non è pari a quella di un commerciante qualunque; di conseguenza, questa liquidità diventa capitale attivo e che può essere investito in attesa dei nuovi incassi. Tra le altre cose, se il benzinaio ha pagato interamente il carico e se poi il benzinaio stesso se lo fa pagare legittimamente dai propri clienti, sui quali grava il prezzo del carburante, allora evidentemente la compagnia petrolifera non paga alcuna “tassa”. Le accise non sono mica pagate dai colossi del petrolio, ma dai cittadini. Queste sono sicuramente riflessioni elementari e non di politica economica e nascono dall’umiltà e dalla curiosità di cittadini che vorrebbero saperne di più. Senza pretese. Di fatto, però, a bene vedere, possiamo anche ipotizzare che questo capitale, che resta attivo nelle casse delle multinazionali, sia poi oggetto di speculazione finanziaria. Non si dimentichi che abbiamo a che fare con aziende il cui peso socioeconomico influenza la politica degli stati, le borse e, molto spesso, anche la pace nel mondo. Tutto ciò con il nostro contributo! In conclusione, è almeno necessario ricordare che, molto di frequente, come è già stato detto, l’introduzione d’un’accisa non sempre è contraddistinta da un meccanismo razionale. Se è vero, infatti, che il più delle volte, il denaro serve a finanziare qualche imprecisata iniziativa, è altrettanto vero che, venute meno le presunte iniziative o per causa naturale o per interruzione dei lavori, non sempre scompare la forzatura economica e finanziaria sul carburante. Sarebbe lecito chiedersi, a questo punto, se esista un fondo o un deposito che custodisce questo denaro non razionalizzato o in che modo queste cifre astronomiche vengano utilizzate. Il guaio è che, purtroppo, chiederselo non sempre è utile ad ottenere risposte. Certamente nessun governo, succedutosi in Italia, ha mai fatto chiarezza su di un argomento che tocca tanto pesantemente il portafogli di noi tutti. Ritenendo che dove non vi è chiarezza c’è magagna si può supporre che le cifre colossali introitate dal fisco finiscano in uno, o più di uno, fondo occulto. Di tale fondo, sicuramente non beneficiano i contribuenti. Non bisogna, poi, sottovalutare l’aberrazione di tassare indistintamente ricchi e poveri tutti nella stessa misura, per di più con balzelli tanto fantasiosi quanto ingiusti. In effetti tutte le forme di tassazione sui consumi sono socialmente vessatorie.
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Quei pochi fortunati che dispongono di ampie risorse economiche se ne fregano altamente del costo della benzina o dell’aumento dell’IVA; la stragrande maggioranza della popolazione, invece, è costretta a confrontarsi ogni giorno con l’impossibilità di condurre un’esistenza che abbia un tenore minimamente dignitoso. Noi italiani troppo ci siamo abituati ad incassare bastonate senza reagire, a dare per scontato che siamo nati per soffrire, che siamo vassalli di spietati feudatari che mai ci renderanno, spontaneamente, il maltolto. Ogni tanto sarebbe cosa giusta che gettassimo uno sguardo a ciò che succede in altri paesi. Un esempio: qualche anno fa il governo inglese cercò di introdurre una tassa sulla birra (sulla birra e non sul pane si badi bene), una mezza rivolta ed un forte movimento popolare consigliò i governanti britannici a desistere. Come vanno le cose oggi in Italia temo che nessuno si ribellerebbe neanche se ci tassassero l’aria che respiriamo.  

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